PolifonicoMonteforte
… vuardant li stelis spierdudis …
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Progetto realizzato nel 2007 dal PolifonicoMonteforte e dedicato al tema della Notte. |
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Alla seraIn plaghe remote mi volgo alla sacra, ineffabile, arcana notte. La notte è l’infinito che si contrappone al finito. In essa si immerge l’io dei poeti nell’anelito di superare i limiti mortali di spazio e tempo, di valicare la soglia tra mondo visibile ed invisibile, di oltrepassare la realtà per approdare alla sfera dell’immaginazione assoluta. |
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ALLA SERA di Ugo Foscolo Forse perché della fatal quiete tu sei l’immago a me sì cara vieni o Sera! E quando ti corteggian liete le nubi estive e i zefiri sereni, e quando dal nevoso aere inquiete tenebre e lunghe all’universo meni sempre scendi invocata, e le secrete vie del mio cor soavemente tieni. Vagar mi fai co’ miei pensier su l’orme che vanno al nulla eterno; e intanto fugge questo reo tempo, e van con lui le torme delle cure onde meco egli si strugge; e mentre io guardo la tua pace, dorme quello spirto guerrier ch’entro mi rugge. |
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Dormono le cime dei montiCi sono alcuni punti di contatto tra l’opera di Salvatore Quasimodo e la musica. |
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DORMONO LE CIME DEI MONTI (trad. di Salvatore Quasimodo, da ALCMANE) Dormono le cime dei monti e le vallate intorno, i declivi e i burroni; dormono i rettili, quanti nella specie la nera terra alleva, le fiere di selva, le varie forme di api, i mostri nel fondo cupo del mare; dormono le generazioni degli uccelli dalle lunghe ali. |
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Era notte«Ah le serenate a li tempi mii che ccose bbelle! |
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ERA NOTTE di Luigi Zanazzo Era notte. Una notte tanto bella con un celo e una luna che incantava. E io stavo a vardà na finestrella, che luccicava tanto, luccicava. E vedevo apparì na capoccella che arzava la tennina, se n’annava, poi ritornava indietro e s’affissava coll’occhi fissi come su na stella. Allora io je cantai: «Fior de fortuna: io spasimo pe voi, ciò er core in pena e voi ve state a contemprà la luna». S’uprì la finestrella adacio adacio e in quer silenzio, appena appena appena, m’intesi fa un sospiro e mannà un bacio. |
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Il gelsomino notturnoMi colpisce questa immagine che ritrae insieme Giovanni Pascoli e Giacomo Puccini. Risale al 1908, allorché Puccini accompagnò un amico giornalista a Castelvecchio, per un’intervista a Pascoli, da pubblicare sul Corriere della Sera. Sembra che sia stato l’ultimo incontro tra il poeta e il compositore. Nella foto Puccini appare molto elegante, mentre Pascoli, vestito di bianco, indossa un abito più “alla buona”. L’immagine non piacque molto al poeta, al punto che chiese a Puccini di stracciare «quella spettrale fottografia (sic!)». |
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IL GELSOMINO NOTTURNO di G. Pascoli E s’aprono i fiori notturni, nell’ora che penso a’ miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l’erba sopra le fosse. Un’ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l’aia azzurra va col suo pigolio di stelle. Per tutta la notte s’esala l’odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento . . . E’ l’alba: si chiudono i petali un poco gualciti; si cova, dentro l’urna molle e segreta, non so che felicità nuova. |
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La notte del SignorePadre David Maria Turoldo venne al mio paese sul finire degli anni Settanta per una conferenza. Ero un ragazzino, ma ho conservato un vivo ricordo di quella serata. Ho faticato a seguire il discorso, ma sono stato impressionato dalla sua smisurata autorevolezza, dalla gravità della sua figura, dal calore della voce, dall’intensità dello sguardo, dall’eloquenza dei gesti. Da allora collego l’idea di profeta alla persona di Turoldo. |
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da “LA NOTTE DEL SIGNORE” di David Maria Turoldo Perfino gli olivi piangevano quella Notte, e le pietre erano più pallide e immobili, l’aria tremava tra ramo e ramo quella Notte. E dicevi: “Padre, se è possibile…”. Così da questa ringhiera quale un reticolato da campo di concentramento, iniziava la tua Notte. Si è levata la più densa Notte sul mondo: tra questa e l’altra preghiera estrema: “Perché, perché… ma perché, mio Dio…” Notte senza lume: disperata tua e nostra Notte. “Perché…?” |
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La notte bella«Sono d’Alessandria d’Egitto: altri luoghi d’Oriente possono avere le mille notti e una, Alessandria ha il deserto, ha la notte, ha il nulla, ha i miraggi, la nudità immaginaria che innamora perdutamente e fa cantare a quel modo senza voce che ho detto. … Ci sono due elementi della mia prima infanzia, anzi, gli elementi sono tre, e presto verranno a sorprendermi in senso d’ispirazione poetica. Innanzi tutto , la notte, la notte e il suo traffico: voci di guardiani notturni: si rincorrevano, venivano, s’allontanavano: Uahed!…, ritornavano Uahed!…, ogni quarto d’ora, rifatto il giro intorno al mio orecchio infantile. Era il primo percepire dell’infinito, d’un infinito cerchio, come già gli antichi Egiziani usavano rappresentarlo nel mordersi la coda di un serpente.» (G. Ungaretti, da Note del poeta sulla sua vita e sulla sua poesia) … NOTTE DI MAGGIO Il cielo pone in capo |
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LA NOTTE BELLA Devetachi il 24 agosto 1916 Quale canto s’è levato stanotte che intesse di cristallina eco del cuore le stelle Quale festa sorgiva di cuore a nozze Sono stato uno stagno di buio Ora mordo come un bambino la mammella lo spazio Ora sono ubriaco d’universo. (Giuseppe Ungaretti, da L’Allegria) |
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NotturnoUna vita movimentata quella del poliedrico Alberto Tarchiani. |
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NOTTURNO di Alberto Tarchiani Brulichio d’astri, tepido gorgoglio, filtro di fuochi tremulo sul mare; voce che chiama, ombra che scompare; passi sul greto e passi sul trifoglio. Timida mano esangue, timida senza orgoglio, muove la cuna dell’infante. Rare, alla spiaggia, barche, in terra, bare, (un grave libro nel silenzio sfoglio) dormon tranquille. S’ode l’oscillare dell’universo, d’onda in onda. E viene, dalle navi lontane e d’oltremare folto uno stormo di messaggi. Pare (vela del mondo!) che si gonfi il cielo, pel mio folle desìo di navigare. |
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Pianefforte ‘e notteTre incroci di poeti. |
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PIANEFFORTE ‘E NOTTE di Salvatore Di Giacomo Nu pianefforte ‘e notte sona luntanamente, e ‘a museca se sente pe ll’aria suspirà. E’ ll’una dorme ‘o vico ncopp’ a sta nonna nonna ‘e nu mutivo antico ‘e tanto tiempo fa. Dio, quanta stelle ncielo! Che luna! E c’aria doce! Quanto na bella voce vurria sentì cantà! Ma sulitario e lento moro ‘o motivo antico; se fa cchi˘ cupo ‘o vico dint’ a ll’oscurità. Ll’anema mia surtanto rummane a sta fenesta. Aspetta ancora. E resta, ncantannose, a penzà. [Un pianoforte, di notte, suona in lontananza, e la musica si sente sospirare per l’aria. E’ l’una: dorme il vicolo su questa ninna nanna di un motivo antico, di tanto tempo fa. Dio, quante stelle in cielo! Che luna! E che aria dolce! Quanto una bella voce vorrei sentir cantare! Ma solitario e lento muore il motivo antico; si fa più buio il vicolo nell’oscurità. Solo la mia anima rimane a questa finestra. Aspetta ancora. E resta, sognando, a pemsare.] |
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La notte di San Giovanni«… Avrei voluto fare come il protagonista de La vita agra di Luciano Bianciardi che arriva a Milano con la volontà di far saltare in aria il Pirellone per vendicare i quarantotto minatori di Ribolla, massacrati da un’esplosione in miniera, nel maggio 1954, nel pozzo Camorra. Chiamato così per le infami condizioni di lavoro. Dovevo forse anch’io scegliermi un palazzo, il Palazzo, da far saltare in aria, ma ancor prima di infilarmi nella schizofrenia dell’attentatore, appena entrai nella crisi asmatica di rabbia mi rimbombò nelle orecchie l’Io so di Pasolini come un jingle musicale che si ripeteva sino all’assillo. E così invece di setacciare palazzi da far saltare in aria, sono andato a Casarsa, sulla tomba di Pasolini. Ci sono andato da solo, anche se queste cose per renderle meno patetiche bisognerebbe farle in compagnia. In banda. Un gruppo di fedeli lettori, una fidanzata. Ma io ostinatamente sono andato da solo. |
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LA NOTTE DI SAN GIOVANNI [di Pier Paolo Pasolini, da “Poesie disperse e inedite”] Li fantatis a van crotis ta l’ort, la luna di San Zuan a li monda. Sot dal milussar a si pognin crotis vuardant li stelis spierdudis e il nul. Mondini, rosada di San Zuan! a ciantussèin plan plan li fantatis pognetis sot dal milussar neri neri: la Cuarnussa, la Piela, la Batistona. Se bielis ches fantatis, ches stroligutis! Il grin dut mol di rosada al brila coma la nèif, a la luna di Zùin. Intant i fantàs a ciantin… ju par un mond lontàn. [Le ragazze vanno nude nell’orto. La luna di San Giovanni le monda. Sotto il melo si distendono nude, guardando le stelle sperdute e il nuvolo. Mondaci, rugiada di San Giovanni!, canterellano pian piano le ragazze, distese sotto il melo nero nero: la Cuarnussa, la Piela, la Batistona. Che belle quelle ragazze, quelle strologucce! Il grembo tutto molle di rugiada brilla come la neve, sotto la luna di Giugno. Intanto i giovani cantano… giù per un mondo lontano.] |
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Vecchio frackIl progetto sul tema della notte si chiude con la canzone dell’uomo in frack, che, solitario, percorre le strade deserte, prima di andare incontro al suo tragico destino. |
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VECCHIO FRACK di Domenico Modugno E’ giunta mezzanotte si spengono i rumori si spegne anche l’insegna di quel’ultimo caffè le strade son deserte desterte e silenzione, un’ultima carrozza cigolando se ne và. Il fiume scorre lento frusciando sotto i ponti la luna slende in cielo dorme tutta la città solo và un’uomo in frack. Ha il cilindro per cappello due diamanti per gemelli un bastone di cristallo la gardenia nell’occhiello e sul candido gilet un papillon, un papillon di seta blu s’avvicina lentamente con incedere elegante ha l’aspetto trasognato malinconico ed assente non si sa da dove vien ne dove và chi mai sarà quel’uomo in frack. buon nuite bonne nuite buon nuite bonne nuite Bouna notte va dicendo ad ogni cosa ai fanali illuminati ad un gatto innamorato che randagio se ne va. E’ giunta ormai l’aurora si spengono i fanali si sveglia a poco a poco tutta quanta la città la luna s’è incantata sorpresa ed impallidita pian piano scolorandosi nel cielo sparirà sbadiglia una finestra sul fiume silenzioso e nella luce bianga galleggiando se ne van un cilindro un fiore e un frack. Galleggiando dolcemente e lasciandosi cullare se ne scende lentamente sotto i ponti verso il mare verso il mare se ne và chi mai sarà, chi mai sarà quell’uomo in frack. Adieu adieu adieu adieu addio al mondo ai ricordi del passato ad un sogno mai sognato ad un’attimo d’amore che mai più ritornerà. Lala la la lala la la… |
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mauro zuccante – 2009-08-19 |