Musica ad alta quota

Lo so, ciò che sto per dire non sarà granché condiviso.
In principio, c’è stata la rassegna trentina I suoni delle Dolomiti. Musici che si trasferiscono in alta quota, per dare vita a una particolare esperienza d’ascolto. Quindi, manifestazioni similari hanno preso piede in tutto l’arco alpino.
È capitato anche a me di assistere a eventi del genere. Ma ho sempre provato un certo disagio.
Sarà perché sono tradizionalista. Sarà perché sono convinto che le musiche vanno fatte e ascoltate nei luoghi per i quali sono state pensate e create: un mottetto in una chiesa, un quartetto d’archi in una piccola sala, una sinfonia in un auditorium, un opera lirica in un teatro (al chiuso!) e così via.


Con l’avvento degli apparecchi di riproduzione meccanica, però, questi schemi sono saltati, con la conseguenza della perdita dell’aura dell’opera d’arte. L’aura, cioè quell’indissolubile legame di tempo e spazio che assicura unicità e autenticità all’opera d’arte stessa (cfr., W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1936).
Quindi, come ascolto in cuffia un concerto per pianoforte e orchestra, comodamente seduto sulla poltrona di casa, perché no un ensemble di fiati, sdraiato su un prato a 1800 metri di quota, e, per giunta, dal vivo?
Cos’è che mi mette a disagio?


Ci ho pensato.
L’ascolto di un canto gregoriano, nel contesto di un panorama alpestre, è come l’esperienza sinestetica della visione di un film.
Il cinema ci ha abituato alla visione di immagini accompagnate da un commento sonoro esterno all’azione (non diegetico). Il cinema ci ha abituato alla funzione empatica della musica, che amplifica le emozioni nello spettatore.
Quando diciamo, con un luogo comune: «viviamo come in un film», affermiamo un dato di fatto assai diffuso.
Sì, credo che sia questo che mi mette a disagio. Il fatto di vivere una suggestione, in cui il carattere originale della musica è alterato. Il fatto di essere sedotto da un’abile operazione di assorbimento della musica in un contesto, le cui finalità sono sostanzialmente altre: quelle della promozione turistica.

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